PROGETTO EFASAM: LA TESTIMONIANZA DI UGO CAROZZA

PROGETTO EFASAM: LA TESTIMONIANZA DI UGO CAROZZA

Questo progetto ci ha insegnato in primo luogo che l’Africa, o almeno, nel nostro caso, la Repubblica Democratica del Congo, è un mondo totalmente differente dal nostro: ogni qual volta si mette piede in questo continente, bisogna abbandonare velocemente tutti gli schemi mentali che ci si porta dietro, per entrare in un’altra dimensione. Se in Occidente, ad esempio, ragioniamo in termini di pasti al giorno, a Miabi si mangia una volta al giorno e sempre la stessa cosa: un pugno duro di polenta bianca e minestra di manioca. Se in Occidente ragioniamo in termini di servizi pubblici, in Congo ognuno fa per sé. Se in Occidente si preme un interruttore e si accende una lampadina, a Miabi semplicemente non c’è l’energia elettrica, e la sala chirurgica dell’ospedale va avanti con un gruppo elettrogeno. Se in Occidente si vive in una casa di proprietà, in Congo esiste solo il diritto all’uso dei terreni per coltivarli e costruirvici delle case, terreni che, se abbandonati, ritornano alla comunità con quanto sopra esistente. Se in Occidente un imprenditore ricco guadagna milioni di euro, a Miabi è “ricco” l’allevatore che possiede quattro maiali, due capre e quaranta colombi. Per non parlare, poi, del ruolo del consiglio degli anziani che affianca quello istituzionale: prende tutte le decisioni più importanti. In breve: le condizioni di vita in Africa sono semplicemente incredibili, al punto che non si riesce neanche a raccontarle per intero, tanto sono agli opposti del nostro modo di vivere. Naturalmente, più si cambia lo sguardo, più si rimane stupefatti anche in positivo. La creatività di questo popolo è senza confini, e si manifesta in una capacità di risolvere i piccoli problemi quotidiani davvero incredibile: con le sole mani e con il loro ingegno riescono a costruirsi la casa e ad arredarla servendosi di ciò che trovano intorno a sé. E si rimane conquistati dai loro occhi che, come i bambini e i ragazzi delle scuole, sono uguali, ma proprio uguali ai nostri. In secondo luogo, abbiamo imparato che purtroppo la presenza occidentale in Africa è stata solo di tipo predatorio: si è andati nel continente nero solo per prendere, mai per lasciare. La sola ricchezza che i belgi hanno lasciato in Congo sono i preti: oggi sono esclusivamente del posto, e questo facilita e rende proficuo il contatto con noi occidentali. Nel nostro caso, anche grazie a Don Daniel, siamo stati accolti davvero calorosamente, potendo in questo modo portare avanti il progetto che ha permesso di far vedere agli abitanti di Miabi che una strada per superare una povertà atavica esiste, ed è percorribile. Infine, abbiamo anche imparato che senza una continuità di presenza in loco, senza una concezione “monastica” del lavoro, il rischio di un ritorno alle condizioni di partenza è purtroppo ancora molto forte. Per questo, speriamo di poter portare avanti i contenuti di questo progetto per poter provare a dare invece di prendere. La gente di Miabi lo merita.